Descrizione
Storia del baccalà alla livornese
Prima del cacciucco la pietanza che a Livorno ha unito i diversi ceti, dallo scaricatore al console, dalla gente del popolo al mercante, è il baccalà. Un attimo. Baccalà o stoccafisso? La materia prima, il merluzzo, è comune; la differenza sta nel metodo di conservazione. Lo stoccafisso viene essiccato al sole per almeno tre mesi: il termine infatti deriva dal norvegese “stokkfisk” o dall’olandese “stocvisch” che significano “pesce seccato sui bastoni”. La sua produzione è legata alle condizioni climatiche e va da febbraio a giugno, periodo in cui nel Nord Europa c’è una situazione di equilibrio tra sole e vento artico; c’è poi bisogno di un periodo di riposo di due mesi.
Il baccalà viene conservato sotto sale e si può produrre tutto l’anno. L’etimologia della parola è tedesca, “bakkel-jau” e significa “pesce salato”; deriva a sua volta da “bakel-jau” che vuol dire “duro come una corda”. Entrambi sono stati portati in Italia dai marinai genovesi e veneziani, che lo apprezzavano per il sapore e la facilità di conservazione, commerciandolo con i porti olandesi, tedeschi, scandinavi.
Lo stoccafisso arriva a Livorno nel Settecento, grazie al regolare traffico con Bergen, capitale norvegese del pesce secco, mentre il baccalà entra in commercio solo a partire dal 1850. Meno secco ma più salato dello stoccafisso, il baccalà va tenuto nell’acqua corrente almeno per dodici ore, per essere poi pulito e infine cucinato. La prima ricetta del baccalà alla livornese, quella originale, vuole lo stoccafisso, che necessita anche lui di ammollo. E allora perché si usa il termine baccalà nel nome della preparazione? Perché l’italiano è una lingua musicale e preferisce il suono della parola baccalà.
Pomodoro protagonista
Ma il vero protagonista del baccalà alla livornese è il pomodoro, ingrediente tipico della cucina toscana e di quella labronica in particolare. Il risultato si ottiene non soltanto mettendo a cuocere l’ortaggio, ma soprattutto cucinandolo a lungo: solo così si possono ottenere risultati memorabili.
Aldo Santini, nel libro La cucina livornese, racconta un aneddoto simpatico: Giuseppe Garibaldi era un amante del baccalà alla livornese e la storia vuole che partisse per Caprera con un sacchetto di sementi e una scorta di stoccafisso. Tra i semi contenuti nel sacchetto pare ci fosse anche il pomodoro. Chissà che quei pomodori non siano stati usati per il baccalà alla livornese.
elementi | per 100 g |
---|---|
Energia | 480 kJ 115 kcal |
grassi totali | 7,50 g |
di cui acidi grassi saturi | 1,00 g |
carboidrati | 2,60 g |
di cui zuccheri | 2,60 g |
proteine | 9,50 g |
sale | 0,13 g |
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